“Non sarà sufficiente, ma è un inizio e un simbolo: impegniamoci a farla per bene”
Disoccupazione giovanile al 40% e mancato ricambio nelle classi dirigenti sono due manifestazioni drammatiche degli effetti di decenni di politiche del lavoro catastrofiche: concentrazione delle risorse destinate al welfare sui lavoratori già in forza (e soprattutto su alcuni di loro) e spregio delle necessità di chi sarebbe arrivato dopo. Politiche che hanno prodotto i loro effetti distorsivi sia sul piano pensionistico, sia su quello delle opportunità di primo ingresso nel mondo del lavoro: politiche “insostenibili”.
L’adeguamento dell’età pensionistica e il passaggio al sistema contributivo erano misure necessarie già 20 anni fa. Se si fossero attuate allora per creare condizioni di equità, senza il timore di mettere in discussione privilegi, oggi non ci troveremmo in questa situazione.
Aumentare l’età per la pensione in un momento in cui i posti di lavoro calano non può che produrre –vi stiamo assistendo in questi mesi– effetti devastanti sui tassi di occupazione di chi avrebbe il diritto di entrare nel mercato del lavoro. Era piuttosto prevedibile.
A questo aggiungiamo che nelle aziende e nelle istituzioni, prassi tutta italiana, molti pensionati (e per pensionati si intende “che percepiscono un reddito da pensione”) continuano a lavorare con contratti di collaborazione, spesso in posizioni di responsabilità.
È un problema di equa distribuzione delle risorse. La situazione non è la stessa per tutti:
• Il lavoro oggi c’è per chi ha avuto la fortuna di entrare in azienda o, ancora meglio, in un ente pubblico, nel momento giusto.
• Ci sono adeguamenti contrattuali, premi ed incentivi previsti dalla contrattazione collettiva, che assegnano un valore altissimo alla durata di permanenza su quello stesso posto di lavoro. Come se le competenze acquisite studiando, o la velocità nell’applicarle nei processi aziendali, tipiche di un giovane, non valessero nulla.
• Le pensioni oggi vengono erogate perché le stanno pagando gli attuali lavoratori. Tra 20 anni, nel momento in cui ad andare in pensione saranno le generazioni che hanno iniziato a lavorare quando il sistema contributivo era già entrato pienamente in vigore, l’INPS non sarà in grado di fare altrettanto. La congiuntura economica negativa e la precarizzazione del mercato del lavoro hanno fatto sì che le carriere dei lavoratori siano spesso caratterizzate da periodi di mancato versamento nelle casse previdenziali; per non parlare dell’elevato tasso di disoccupazione, a fronte del quale anche le casse dell’INPS si riducono.
Da una decina d’anni il mondo del lavoro è diviso: tra chi sarà –per sua sfortuna– sempre a credito (di lavoro, di risorse, di welfare), e tra chi invece continuerà ad avere un debito, difficilmente saldabile. Il network dei giovani cooperatori si chiama “Generazioni”, al plurale, perché persegue l’alleanza fra le generazioni, che presuppone uno scambio di saperi, di conoscenze e, anche, di risorse.
Per fare la nostra parte, abbiamo studiato e prodotto analisi e proposte:
• Nel 2008, nel nostro primo documento politico, abbiamo avanzato una proposta di ridistribuzione delle risorse previdenziali attraverso una maggiore tassazione delle pensioni erogate sulla base del calcolo retributivo.
• Da sempre siamo impegnati perché nelle aziende si attuino percorsi di ricambio e si limiti la contrattualizzazione di lavoratori già in pensione. E non solo per rivendicare il diritto dei giovani ad un lavoro. Il ricambio è indispensabile affinché le aziende siano competitive, producano innovazione, sappiano adattarsi alle condizioni del mercato.
• Oggi sosteniamo la Staffetta Generazionale come pratica che consente la redistribuzione del lavoro tra la generazione a credito e quella a debito, sapendo che si tratta di una pratica costosa e che da sola non avrà effetti dirompenti, ma può rappresentare un primo segnale concreto.
Il dibattito attorno a queste proposte è bloccato. Non si eleva oltre i termini del “non si può fare”, per motivi tecnici, statistici, sociologici. Non ci sono proposte alternative credibili, perché non abbiamo un sistema di politiche attive del lavoro degno dei paesi scandinavi così come richiesto dallo Youth Guarantee, unica proposta finora emersa per favorire l’entrata al lavoro dei giovani. Nei prossimi giorni la Regione Emilia-Romagna dovrebbe approvare il bando per l’avvio della Staffetta Generazionale.
Le risorse sono limitate e non ci sono garanzie dell’adesione da parte dei lavoratori senior. Però è un’opportunità. Proviamo per una volta a impegnarci affinché funzioni, e a trovare nel contempo altri modi per mettere i debitori nelle condizioni di poter onorare i propri debiti. Siamo certi che saranno felici di poterlo fare, almeno per quanto riguarda i cooperatori.
Bologna, 17 giugno 2013
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